diretto da Maria Silvia Sacchi

Esclusivo

Moda e caporalato, arriva la piattaforma di filiera

La piattaforma sarà alimentata dalle aziende e dalla messa a sistema delle banche dati esistenti e sarà di larga consultazione. Tutti i dettagli del documento che ThePlatform ha visionato in anteprima

Moda e caporalato, arriva la piattaforma di filiera

La bozza del protocollo voluto da Prefettura e Tribunale di Milano per contrastare il caporalato nella moda è sul tavolo delle parti coinvolte per le osservazioni da presentare entro settembre.

Nel documento, che ThePlatform ha potuto visionare, si è scelto come strumento di contrasto allo sfruttamento del lavoro la trasparenza: ovvero la creazione di una “piattaforma di filiera” che sarà alimentata dalle aziende e dalla messa a sistema delle banche dati esistenti e che sarà di larga consultazione.

Le caratteristiche della piattaforma e il perchè si sia optato per questa strada sono spiegati nella bozza del “Protocollo d’intesa per la legalità dei contratti di appalto nelle filiere produttive della moda” (questo il nome dato) sulla quale una primissima discussione si è tenuta lo scorso 2 agosto.

Secondo il documento la piattaforma dovrà censire “sia le imprese che i dati di dettaglio sulla manodopera impiegata” e “per operare in modo efficace” si richiede “la piena fruibilità e un raccordo con varie banche dati (Ispettorato del lavoro, Inps, Inail, Camere di commercio)” oggi “gestite separatamente da vari enti e non comunicanti tra loro”. 

Supply chain virtuose

“È unanime la convinzione che una supply chain virtuosa sia un elemento chiave anche per aumentare l’apprezzamento dei prodotti degli associati a livello globale e per garantire l’integrità della dinamica concorrenziale – è scritto nelle premesse -. Si rende necessario costruire un sistema comune e condiviso di gestione e monitoraggio della filiera produttiva anche attraverso controlli effettivi ed efficaci quali presidi funzionali in particolare alla prevenzione del reato di cui all’art. 603 bis c.p.” e “si rende altresì necessario creare un sistema condiviso di certificazione indipendente, che rifletta l’orientamento del legislatore europeo e che rappresenti un concreto riferimento per il legislatore nazionale”.

La sintesi 

Il documento si compone di 8 articoli, per un totale di 11 pagine, compresi le premesse e gli allegati.

Dalla sua lettura emergono questi punti: 1) l’adesione alla piattaforma sarà volontaria, ma una volta deciso di aderire sarà obbligatorio inserire una serie di dati che consentiranno di monitorare l’andamento delle supply chain; 2) il protocollo riguarda le imprese della Lombardia; 3) gli adempimenti saranno modulati a seconda delle dimensioni delle aziende (fatturato fino a 2,5 milioni, da 2,5 a 25 milioni, oltre 25 milioni); 4) è previsto un sistema di premialità per chi aderisce; 5) la Piattaforma di filiera sarà sviluppata in un tavolo tecnico coordinato dalla Prefettura di Milano con il supporto scientifico del Politecnico di Milano e sarà realizzata dalla regione Lombardia; 7) sarà istituito un “Tavolo di monitoraggio” composto da tutte le parti e coordinato dalla Prefettura; 8) la sperimentazione durerà un anno, dopo il quale le norme saranno riesaminate sulla base dei risultati ottenuti.

Quali documenti inserire

I documenti da inserire nella piattaforma sono indicati dall’art.2 e si riferiscono a queste macro categorie:

A) documenti relativi alle imprese componenti la filiera e la loro contrattualizzazione; 

B) documenti relativi alle informazioni generali delle singole imprese componenti la filiera e alla loro organizzazione; 

C) documenti relativi all’ambito giuslavoristico e previdenziale; 

D) documenti relativi alla regolarità fiscale;

E) documenti relativi alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

F) documenti relativi all’ambito produttivo.

I dati saranno consultabili sia dalla committenza che dalle singole imprese appartenenti alla filiera, “in base a ‘coni di visibilità’ progressivamente modulati secondo il livello di esternalizzazione“.

Un premio per chi aderisce

Le imprese che adotteranno il protocollo riceveranno, in automatico, un “certificato di filiera” della validità di sei mesi rinnovabile, “subordinato alla completezza e al costante aggiornamento della documentazione caricata”, oltre al riconoscimento di specifiche premialità nell’ambito delle misure di incentivazione per le imprese stabilite dalla regione Lombardia.

Associazioni e imprese

L’articolo 3 della bozza dice che “le aziende appartenenti alle associazioni che promuovono il presente protocollo prevederanno nelle condizioni generali di contratto  e/o nei contratti di appalto/fornitura specifici impegna a carico del fornitore. In particolare, il fornitore di 1o livello assicurerà che i suoi fornitori rispettino i profili dei legalità giuslavoristica, fiscale, previdenziale e di salute e sicurezza di cui all’articolo 2 e all’Allegato, pattuita espressamente l’adesione delle imprese al presente protocollo, con l’impegno rispettarne le clausole inserendone nei propri rapporti contrattuali le seguenti tutele contrattuali minime”.

L’articolo dettaglia una serie di obblighi del fornitore, come quello di comunicare preventivamente i soggetti terzi di cui intenda avvalersi, di consentire audit e verifiche periodiche anche nel caso di subforniture, oltre naturalmente all’impegno a rispettare il protocollo.

Obiettivi e finalità

Nella bozza di protocollo gli obiettivi del protocollo sono quelli di “costruire forme di responsabilizzazione delle imprese operanti nel settore della moda” e “assicurare la piena trasparenza lungo la filiera – secondo ‘coni di visilità’ – tanto delle informazioni concernenti i partner commerciali quanto delle modalità concrete di esecuzione dei singoli contratti di appalto/subappalto e fornitura/subfornitura”.

Questioni aperte

La lettura della bozza lascia aperte, a nostro avviso, un paio di questioni. 

La prima riguarda il fatto che il protocollo è sottoscritto dalle imprese lombarde, che sono una parte importantissima della moda italiana (vedi oltre) ma non sono tutto il sistema moda. Questo pone il tema di un pari rapporto con le imprese di altre regioni. Nella bozza, all’art. 8, si dice però che “il presente Protocollo è aperto a eventuali adesioni successive”.

Una seconda questione è di carattere interpretativo e riguarda il rapporto tra le associazioni che siedono al Tavolo istituito presso il Tribunale e le imprese associate. Abbiamo riportato esattamente il passaggio dell’articolo 3 perchè da questo sembrerebbe capirsi che le aziende associate siano tenute a sottoscrivere il protocollo, mentre l’articolo 2 parla di volontarietà. A favore della volontarietà per le imprese associate va, però, anche il secondo comma dell’art.1 secondo il quale “le associazioni datoriali si impegnano a supportare e promuovere con ogni mezzo a propria disposizione la piena conoscenza e l’adesione delle imprese associate alle azioni stabilite nel presente atto anche attraverso specifiche azioni formative indirizzate ai dipendenti”.

La moda in Lombardia

Nelle premesse alla bozza del Protocollo d’intesa si ricorda che “il settore della moda italiana costituisce un ambito strategico per il nostro Paese rappresentando in Lombardia una delle attività economiche più rilevanti per numero di occupati e valore aggiunto prodotto, contando un giro d’affari pari a 26 miliardi di euro, con quasi 28mila imprese che danno lavoro a più di 180mila persone, in particolare, localizzate nelle province di Milano, Varese, Brescia e Como. Per oltre la metà si tratta di microimprese, con meno di 10 dipendenti e con un fatturato uguale o inferiore ai 2 milioni di euro”.

E, ancora: “Dai dati del registro delle imprese, a fine 2023 sono 10.958 le imprese attive nel settore moda a Milano su 27.578 in Lombardia e circa 195mila in Italia. La Lombardia pesa, insomma, per il 14% sul nazionale e Milano è seconda solo a Napoli”.

“Il territorio milanese si pone, quindi, al centro di detto settore, connotato da una struttura ‘a filiera’ degli appalti/forniture, da una fitta rete di rapporti tra imprese e dal ricorso a varie forme di reclutamento della manodopera per l’esecuzione delle lavorazioni”.

L’intervento della magistratura

Sempre nelle premesse si ricorda che “a seguito di diverse indagini della Procura di Milano, che hanno generato altrettanti interventi di natura preventiva ‘mite’ da parte del tribunale di Milano, sono emerse talune criticità in alcuni snodi della filiera, con particolare riferimento al sistema dei controlli attuati su tutta la catena dei subappalti nelle varie fasi di produzione. È fondamentale per i brand – si dice ancora in premessa – operare processi di selezione e controllo nell’ambito della catena (fornitori e sub-fornitori) di produzione al fine di garantire una maggiore trasparenza e per migliorare le condizioni di lavoro e i servizi offerti, osteggiando condotte di intermediazione illecita (c. d. capo caporalato) e di sfruttamento dei lavoratori, nonché forme di illegalità anche in materia tributaria e contributiva che danneggiano un settore così strategico per l’economia italiana e la sua immagine anche a livello internazionale”.

Il Tavolo della moda

Il Tavolo della moda è un gruppo di lavoro istituito presso il Tribunale di Milano dopo che erano emerse situazioni di sfruttamento del lavoro da parte di importanti marchi del lusso – nell’ordine, Alviero Martini, Giorgio Armani e Dior – casi che hanno spinto la magistratura a intervenire. Fanno parte del Tavolo il prefetto di Milano, il presidente del Tribunale di Milano, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il direttore dell’Ispettorato d’area metropolitana di Milano, l’assessore al Turismo, marketing territoriale e moda della Regione Lombardia, il dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, il presidente della Camera di commercio di Milano, il presidente di Assolombarda-Gruppo moda, il presidente di Camera nazionale della moda, il presidente di Confindustria moda, il presidente di Sistema moda Italia, il segretario generale di Confcommercio Milano, il segretario e presidente di Federmoda, il segretario e presidente di Assomoda, il presidente di Confartigianato Lombardia, il presidente dell’Unione artigiani, il segretario provinciale della Cgil Milano, il segretario provinciale della Cisl Milano, il segretario provinciale della Uil Milano.

English version

The draft of the protocol wanted by the Prefecture and the Court of Milan to counter caporalato in fashion is on the table of the parties involved for comments to be submitted by September.

In the document, which ThePlatform was able to view, transparency was chosen as the tool to counter labor exploitation: that is, the creation of a “supply chain platform” that will be fed by the companies and by the systemization of existing databases and that will be of wide consultation.

The characteristics of the platform and why this path was chosen are explained in the draft of the “Memorandum of Understanding for the Legality of Contracts in Fashion Production Chains” (this is the name given) on which a very first discussion was held last August 2.

According to the document, the platform will have to census “both the companies and detailed data on the labor employed,” and “to operate effectively” requires “full usability and a connection with various databases (Labor Inspectorate, Inps, Inail, Chambers of Commerce)” today “managed separately by various entities and not communicating with each other.” 

Virtuous supply chains

“It is unanimously agreed that a virtuous supply chain is also a key element to increase the appreciation of members’ products globally and to ensure the integrity of the competitive dynamic,” the introduction reads. It is necessary to build a common and shared system of management and monitoring of the production chain, including through effective and efficient controls as functional safeguards in particular for the prevention of the crime referred to in Article 603 bis of the Criminal Code,” and “it is also necessary to create a shared system of independent certification, reflecting the orientation of the European legislator and representing a concrete reference for the national legislator.”

The Executive Summary 

The document consists of eight articles, totaling 11 pages, including the forewords and annexes.

From reading it, these points emerge: 1) membership in the platform will be voluntary, but once the decision to join is made, it will be mandatory to enter a series of data that will make it possible to monitor supply chain performance; 2) the protocol concerns companies in Lombardy; 3) fulfillments will be modulated according to company size (turnover up to 2.5 million, from 2.5 to 25 million, over 25 million); 4) a reward system is envisaged for those who join; 5) the Supply Chain Platform will be developed in a technical table coordinated by the Prefecture of Milan with the scientific support of the Milan Polytechnic and will be implemented by the Lombardy region; 7) a “Monitoring Table” composed of all parties and coordinated by the Prefecture will be set up; 8) the experimentation will last one year, after which the rules will be reviewed on the basis of the results obtained.

What documents to include

The documents to be included in the platform are indicated by Article 2 and refer to these macro categories:

A) documents related to supply chain component enterprises and their contracting; 

B) documents related to the general information of individual supply chain component enterprises and their organization; 

C) documents related to labor law and social security; 

D) documents related to fiscal regularity;

E) documents related to occupational health and safety;

F) documents related to the production sphere.

The data will be searchable both by the client and by individual companies belonging to the supply chain, “based on ‘cones of visibility’ progressively modulated according to the level of outsourcing.”

A reward for those who adhere

Businesses that adopt the protocol will receive, automatically, a “supply chain certificate” valid for six months renewable, “subject to the completeness and constant updating of the uploaded documentation,” as well as the recognition of specific rewards within the incentive measures for businesses established by the Lombardy region.

Associations and businesses

Article 3 of the draft says that “companies belonging to the associations promoting this protocol will provide in the general terms and conditions of contract and/or in the procurement/supply contracts for specific commitments to be borne by the supplier. In particular, the 1st tier supplier will ensure that its suppliers comply with the profiles of legal labor, tax, social security and health and safety legality set forth in Article 2 and the Annex, expressly agreed to the companies’ adherence to this protocol, with the commitment to comply with its clauses by including the following minimum contractual protections in their contractual relationships.”The article details a number of obligations of the supplier, such as to disclose in advance the third parties it intends to use, to allow periodic audits and verifications even in the case of subcontracting, and of course the commitment to comply with the protocol.

Goals and Objectives

In the draft protocol’s objectives are to “build forms of empowerment of companies operating in the fashion sector” and “ensure full transparency along the supply chain-according to ‘cones of visibility’-both of the information concerning business partners and of the concrete ways in which individual procurement/subcontracting and supply/subcontracting contracts are executed.”

Open issues

Reading the draft leaves open, in our view, a couple of issues. 

The first concerns the fact that the protocol is signed by Lombard companies, which are a very important part of Italian fashion (see below) but are not the whole fashion system. This raises the issue of an equal relationship with companies in other regions. In the draft, however, Article 8 says that “this Protocol is open to possible subsequent accessions.”

A second issue is interpretive and concerns the relationship between the associations that sit on the Table established at the Tribunal and the member companies. We have quoted exactly the passage in Article 3 because from this it would seem to be understood that member companies are required to sign the Protocol, while Article 2 speaks of voluntariness. In favor of voluntariness for member companies goes, however, also the second paragraph of Article 1 according to which “the employer associations undertake to support and promote by any means at their disposal the full knowledge and adherence of member companies to the actions established in this act also through specific training actions addressed to employees.”

Fashion in Lombardy

In the introduction to the draft of the Memorandum of Understanding, it is recalled that “the Italian fashion sector constitutes a strategic area for our country, representing in Lombardy one of the most relevant economic activities in terms of number of employees and added value produced, counting a turnover of 26 billion euros, with almost 28 thousand companies employing more than 180 thousand people, in particular, located in the provinces of Milan, Varese, Brescia and Como. More than half are microenterprises, with less than 10 employees and a turnover of 2 million euros or less.”

And, again, “From the data of the business register, at the end of 2023 there are 10,958 active companies in the fashion sector in Milan out of 27,578 in Lombardy and about 195 thousand in Italy. Lombardy weighs, in short, 14 percent of the national total, and Milan is second only to Naples.”

“The Milanese territory stands, therefore, at the center of the said sector, connoted by a ‘chain’ structure of contracts/supplies, a dense network of relationships between companies and the use of various forms of labor recruitment for the execution of work.”

The intervention of the judiciary

Also in the preamble, it is recalled that “following several investigations by the Milan Public Prosecutor’s Office, which generated as many interventions of a ‘mild’ preventive nature by the Court of Milan, certain criticalities emerged at some junctures of the supply chain, with particular reference to the system of controls implemented throughout the chain of subcontracting in the various stages of production. It is fundamental for brands,” the foreword goes on to say, “to operate selection and control processes within the chain (suppliers and subcontractors) of production in order to ensure greater transparency and to improve working conditions and the services offered, opposing conducts of illicit intermediation (so-called capo caporalato) and exploitation of workers, as well as forms of illegality also in tax and contribution matters that damage such a strategic sector for the Italian economy and its image also at the international level.

The Fashion Table

The Fashion Table is a working group established at the Court of Milan after situations of labor exploitation by major luxury brands emerged-in order, Alviero Martini, Giorgio Armani and Dior-cases that prompted the judiciary to intervene. Joining the Table are the prefect of Milan, the president of the Milan Court, the public prosecutor at the Milan District Court, the director of the Milan Metropolitan Area Inspectorate, the Lombardy Region’s councillor for tourism, territorial marketing and fashion, the management engineering department of the Milan Polytechnic, the president of the Milan Chamber of Commerce, the president of Assolombarda-Fashion Group, the president of Camera nazionale della moda, the president of Confindustria moda, the president of Sistema moda Italia, the secretary-general of Confcommercio Milano, the secretary and president of Federmoda, the secretary and president of Assomoda, the president of Confartigianato Lombardia, the president of Unione artigiani, the provincial secretary of Cgil Milano, the provincial secretary of Cisl Milano, the provincial secretary of Uil Milano.

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Maria Silvia Sacchi
Giornalista professionista. Ha lavorato per le principali testate italiane. Negli ultimi 23 anni è stata al Corriere della Sera, il più importante giornale italiano, per il quale ha seguito l’industria della moda e del lusso e le evoluzioni delle grandi famiglie imprenditoriali. In Rcs Mediagroup ha impostato e diretto il master in Management della Moda e del Lusso e gli Online Fashion Talks di Rcs Academy.

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